CULTURE:

il ruolo della Cultura Scientifica

 
 
  di Vincenzo Balzani
   
 
   
  Testo adattato dalla Prolusione pronunciata dal Professor Balzani il 17 Ottobre 1997 nell'Aula Magna di Santa Lucia per l'inaugurazione dell'Anno Accademico 1997-1998 dell'Università di Bologna.
 

Nell'iniziare questa prolusione, il mio pensiero va indietro nei secoli a quando, più di novecento anni orsono, nella nostra città la passione per il sapere portò alle prime forme di quella istituzione che oggi chiamiamo Università. E la mia gratitudine va alla lunga schiera di scienziati che hanno dato fama al nostro ateneo e che hanno aperto per noi la strada della scienza. Come chimico, ricordo (Figura 1) Jacopo Bartolomeo Beccari, per il quale nel 1737 fu istituita, prima in Italia, la Cattedra di Chimica, e Giacomo Ciamician che, nella sua memorabile prolusione dell'Anno Accademico 1903-1904 sul tema "I problemi chimici del nuovo secolo", seppe non solo affascinare l'uditorio, ma anche esprimere intuizioni che ancor oggi destano la nostra meraviglia. Senza pretendere di riuscire ad imitare un tale Maestro, cercherò di far capire meglio cos'è la chimica e di dare alcuni spunti di riflessione sul ruolo che la chimica, e più in generale la scienza, ha nella nostra società..

 

Figura 1

 
 
  Avversione alla scienza e in particolare alla chimica

Un amico mi ha detto che è stato un atto di coraggio, ma penso volesse intendere temerarietà, mettere la parola "chimica" nel titolo di questa prolusione. La chimica, infatti, oggi ha un'immagine completamente negativa. In un articolo apparso qualche tempo fa sulla rivista Airone, lo scienziato e senatore Giorgio Nebbia si chiedeva addirittura se "chimica" non fosse diventata, ormai, una parolaccia, dal momento che la si associa sempre a sofisticazioni, incidenti, e inquinamento. In effetti, quando scambio qualche parola in ascensore o in treno con una persona prima non conosciuta, appena dico di essere un professore di chimica noto, nel mio interlocutore, un brusco abbassamento di interesse e anche un certo senso di sorpresa. Penso che in cuor suo si chieda come mai una persona come me, apparentemente normale, possa ridursi ad insegnare ai ragazzi una cosa così assurda e poco pulita come la chimica. Questo fenomeno non è solo italiano. Tanto è vero che una prestigiosa rivista scientifica americana, un po' per scherzo e un po' sul serio, ha pubblicato un corso di chimica della durata di un solo minuto affinchè i chimici, in ascensore o in occasione di altri brevi incontri, possano spiegare per bene alle persone cos'è la chimica e perchè la chimica è importante.

In realtà oggi non solo la chimica, ma tutta la scienza ha un'immagine molto negativa. Questo clima antiscientifico è ben rappresentato dal titolo di un articolo apparso recentemente su un noto quotidiano: "Vade retro progresso, l'America ha paura: nella patria della tecnologia, nessuno crede più alle sue virtù."

Nel nostro Paese, oltre ad una sostanziale diffidenza nei confronti della scienza, è radicato il pregiudizio che la vera cultura sia soltanto quella umanistica. Sono numerose le persone colte che quasi si gloriano di non capir nulla di matematica, di fisica e di chimica. E' convinzione comune, soprattutto in ambito scolastico, che le materie letterarie siano più formative di quelle scientifiche. Concetto non corrispondente alla realtà, come è stato anche sottolineato dal filosofo Paolo Rossi Monti in una recente intervista nella quale diceva, ad esempio, che non avere idea di cosa voglia dire "principio di inerzia" è altrettanto grave che non aver mai letto Shakespeare. L'ignoranza scientifica è veramente colossale. Secondo una recente indagine, il 12% dei cittadini europei è convinto, 4 secoli dopo Galileo, che il sole giri attorno alla terra. La cosa è preoccupante, perchè una persona scientificamente illetterata non potrà mai essere un buon cittadino. Nel momento delle scelte di politica scientifico-tecnologica, che si presenteranno con sempre maggior frequenza, chi non ha educazione scientifica sarà costretto ad affidarsi al parere di esperti, col rischio di farne dei dittatori.

Oggi l'opinione dominante, anche fra persone di una certa cultura, è che la chimica, oltre ad essere una materia scolastica astrusa, è un qualcosa da cui è meglio stare alla larga perchè è identificata con sofisticazione ed inquinamento. Nella pubblicità del prosciutto di Parma, apparsa sui principali giornali, è scritto in grossi caratteri che in esso, il quel prosciutto, non c'è niente di chimico. La realtà, invece, è che in quel prosciutto tutto è chimico. Da annunci come questo e da tante altre notizie insensate che ci arrivano attraverso la stampa e la televisione, il cittadino comune è indotto a pensare che "chimico" sia l'opposto di "naturale" e che la chimica sia un qualcosa di cui probabilmente si può, e in ogni caso si dovrebbe, fare a meno. Una proposta di referendum per abolire la chimica oggi raccoglierebbe agevolmente le necessarie 500.000 firme. Io spero proprio che qualcuno proponga questo referendum. Sarebbe finalmente la volta buona per spiegare alla gente che la chimica non si può eliminare, per il semplice fatto che è tutt'attorno a noi e in noi. E' attorno a noi nei fenomeni naturali, indispensabili per la vita, come la fotosintesi, e nei prodotti artificiali di primaria importanza per la civiltà come i farmaci, i fertilizzanti, le materie plastiche. E' in noi perchè l'uomo "funziona" o "non funziona" tramite reazioni chimiche. Il concepimento, la crescita, la morte sono processi chimici, sia pure molto complessi. Persino quelle che chiamiamo categorie mentali (l'apprendimento, la memoria, il pensiero, l'esperienza, i sogni) sono il risultato di intricatissimi processi chimici che avvengono nel nostro cervello. Quindi, abolire la chimica vorrebbe dire non solo abolire le sofisticazioni alimentari e l'inquinamento, ma anche abolire i combustibili, i farmaci, i fertilizzanti, le materie plastiche, i semiconduttori, i detergenti, cioè tutti i benefici di cui, in modo quasi inconsapevole, godiamo ogni giorno; e vorrebbe anche dire abolire le piante, gli animali, e l'uomo stesso. Vorrebbe dire abolire tutto, perchè tutto, anche il prosciutto di Parma, è chimico.

Non bisogna quindi confondere la chimica con gli effetti dannosi che essa ha quando è usata male. Certo, con un prodotto chimico chiamato farmaco si può salvare una vita, e con un altro prodotto chimico chiamato veleno si può togliere una vita. Ma anche con un coltello si può tagliare il pane o uccidere un uomo. E nessuna persona sensata, nel secondo caso, darebbe la colpa al coltello.

  Atomi e molecole

La chimica ci spiega i "perchè" e i "come" della vita di tutti i giorni. Ci spiega, ad esempio, perchè i cibi si conservano più a lungo in frigorifero, come fa la nostra bocca a distinguere lo zucchero dal sale, perchè l'ossido di carbonio è velenoso, come funziona la fotosintesi nelle piante. Ci spiega tutte queste cose partendo dalle proprietà degli atomi e delle molecole.

 
 
 

Figura 2

  Infatti, ad esempio, per capire come "funziona" un albero, bisogna andare giù giù nel piccolo, come in una zoomata (Figura 2), dall'albero alle foglie, alle cellule, ai cloroplasti, ai grani, alle membrane, fino a vedere cosa succede a livello molecolare. Le molecole sono oggetti molto piccoli. Dieci miliardi di volte più piccoli degli oggetti che ci circondano nella vita di tutti i giorni. L'unità di misura delle molecole è il nanometro, 10-9 metri, un miliardesimo di metro. E' difficile rendersi conto di come sono piccole le molecole. Se dico che in una goccia d'acqua ci sono circa 1021 molecole, uno può chiedermi cosa significa 10 alla 21. Domanda giustificata dal fatto che i numeri troppo grandi o troppo piccoli non si possono apprezzare se non attraverso opportuni confronti. Ecco allora: se potessimo distribuire le molecole che sono in una goccia d'acqua fra tutti gli uomini della terra, ce ne sarebbero circa 200 miliardi per ciascuno. Oppure, se contassimo le molecole che sono in una goccia d'acqua al ritmo di 1 al secondo, ci vorrebbero trentamila miliardi di anni per contarle tutte.

Ma per farsi meglio un'idea di cosa siano atomi e molecole e cosa sia globalmente la chimica, si può ricorrere a un paragone fra chimica e linguaggio ( Figura 3).

 
 

Figura 3

  Ogni linguaggio è basato su lettere, una ventina nella lingua italiana (a, b, c, ecc.), raccolte in un alfabeto. Le lettere della chimica sono gli atomi (idrogeno, H; ossigeneo, O; carbonio, C, ecc., circa un centinaio) e l'alfabeto della chimica è il sistema periodico (che anche i letterati conoscono, grazie all'omonimo libro di Primo Levi). Sappiamo tutti che le lettere dell'alfabeto si possono combinare in gruppi, secondo una logica inventata dall'uomo: si ottengono, così, le parole. Una cosa simile accade per gli atomi. Combinando gli atomi secondo regole imposte dalla natura, si ottengono le molecole, che sono quindi le parole della chimica. Come ci sono parole corte e parole lunghe, così ci sono molecole fatte di pochi atomi (come la molecola d'acqua, che ha due atomi di idrogeno e uno di ossigeno) e molecole molto grandi (come l'emoglobina, che ha 9072 atomi). Una prima conclusione, allora, è che come il linguaggio è fatto di parole, così il mondo è fatto di molecole.

Con una sola parola non è possibile esprimere un concetto. Nel linguaggio, quindi, le parole vengono combinate, secondo certe regole, in frasi. Una cosa simile avviene nella chimica: una molecola non è sufficiente per compiere una funzione. Cosa che invece è ottenibile mediante sistemi composti da più molecole, chiamati supermolecole.

Andando avanti con questo paralello, in modo molto grossolano e quasi per gioco, potremmo passare a sistemi più complessi ( Figura 3), e quindi paragonare un paragrafo ad un enzima, un capitolo di un libro a un mitocondrio, un libro a un protozoo, una collana di libri a un animale poco evoluto e, infine, un'intera biblioteca ad un uomo. A questo punto possiamo chiederci: ci sono più lettere in una biblioteca o atomi in un uomo? Prendiamo la biblioteca inaugurata a Parigi qualche anno fa, che è forse la più grande del mondo. Contiene circa 10 milioni di volumi, per un totale di circa 1013 lettere (cioè diecimila miliardi di lettere). Il numero di atomi contenuto nel corpo di un uomo è dell'ordine di 1027, centomila miliardi di volte più grande del numero di lettere che sono nella biblioteca di Parigi. Quindi il paragone biblioteca-uomo è certamente irriverente per l'uomo, anche sul piano puramente quantitativo in quanto il numero di atomi contenuti nel corpo di un uomo è pari al numero di lettere che si trovano in centomila miliardi di biblioteche. E come le lettere contenute nelle biblioteche non sono messe a caso, ma sono ordinate in parole, frasi, paragrafi, capitoli, volumi e collane, al fine di esprimere informazioni e concetti, così gli atomi del corpo umano sono ben ordinati in molecole, sistemi supramolecolari, cellule e organi per compiere le funzioni necessarie alla vita. Questo paragone fra chimica e linguaggio, pur nella sua limitatezza, ha il pregio di farci capire che le molecole sono le parole della chimica e che gli organismi viventi sono sistemi chimici costituiti da una incredibile numero di molecole, tutte disposte in modo altrettanto incredibilmente ordinato.

Dunque, gli atomi e le molecole costituiscono i mattoni di tutto quello che ci circonda e anche del nostro corpo. Gli atomi e le molecole di cui siamo fatti si scambiano continuamente con quelli dell'ambiente che ci circonda attraverso reazioni chimiche. Ogni giorno respirando, mangiando, bevendo prendiamo dall'ambiente miliardi di miliardi di atomi e più o meno altrettanti ne rigettiamo nell'ambiente sudando, espirando, eliminando rifiuti. Sarà poco poetico, ma ogni nostro respiro prende e rimette in circolo miliardi e miliardi di atomi già riciclati nelle ultime settimane dal respiro di altri viventi. Tutto in noi viene continuamente rinnovato, attingendo alla materia e all'energia dell'ambiente che ci circonda. La nostra pelle si rinnova ogni mese, il nostro fegato ogni sei settimane. Ogni anno il 98% del nostro corpo si rinnova. Possiamo dire che, fra tutto ciò che noi conosciamo esistere, siamo i più riciclati. Persino i nostri ricordi, che sono particolari strutture del cervello, vengono continuamente smontati e rimontati da questo ricambio atomico e molecolare.

Arrivati a questo punto, uno può porsi domande su altri "come" e altri "perchè": perchè siamo al mondo? solo per riciclare atomi e molecole, o la nostra vita ha un valore trascendente? chi ha deciso le leggi che presiedono i fenomeni che osserviamo? che senso ha la vita dell'uomo, unico soggetto in un mondo di oggetti? come si spiega che l'uomo, il cui cuore è fatto di atomi così come lo è una pietra, abbia le facoltà di amare e di perdonare? Secondo il famoso zoologo dell'Università di Oxford Richard Dawkins, solo chi non ha educazione scientifica può porsi queste domande. Io non condivido l'opinione di Dawkins. Io penso che queste domande interpellino lo scienziato ancor più profondamente che la gente comune, proprio perchè lo scienziato sa che a queste domande la scienza non può dare risposta.

 

Il ruolo moderno della chimica: ingegneria molecolare

Ma torniamo alla chimica. Per lungo tempo il chimico è stato essenzialmente un esploratore della natura. Il suo compito era stabilire la composizione e la struttura dei prodotti naturali e capire quali sono le regole che la natura impone ai fenomeni chimici. La situazione è andata via via cambiando, per due ragioni: in primo luogo l'operazione "conoscenza della natura" è molto avanzata; in secondo luogo, il chimico, svelando i segreti dei processi naturali, si è accorto di avere la capacità di sintetizzare composti e di mettere in atto processi che non esistono in natura e che quindi vengono chiamati artificiali. Al chimico esploratore della natura si affianca sempre più frequentemente il chimico inventore, il chimico ingegnere a livello atomico e molecolare. Al gran numero di molecole che esistono in natura, i chimici hanno già aggiunto circa 15 milioni di molecole nuove.

Ormai è possibile preparare molecole di qualsiasi forma e dimensione. Alcuni esempi sono schematicamente rappresentati in Figura 4: molecole a forma di albero, di ponte, di catena, di pallone da football. Accade dunque anche in chimica quanto mirabilmente descritto da una celebre frase di Leonardo: "Dove la natura finisce di produrre le sue specie, comincia l'uomo, in armonia con le leggi della natura, a creare una infinità di specie".

Sintetizzare una nuova molecola, un nuovo materiale, è un atto creativo complesso che richiede idee, organizzazione, lavoro. Come ogni atto creativo, ha dei rischi. Questo è ben noto, ma è anche noto come si deve procedere per evitarli. Oggi, ad esempio, ogni potenziale nuovo farmaco, prima di essere utilizzato, è sottoposto a molti anni di sperimentazione per accertarne la mancanza di effetti negativi. Certo si può sbagliare, come in tutte le attività umane. Ma il bilancio della chimica nei confronti dell'umanità è molto positivo. Con i fertilizzanti possiamo aumentare i raccolti, con i farmaci combattiamo le malattie, con gli analgesici eliminiamo il dolore, con i combustibili limitiamo la fatica manuale, con le fibre artificiali ci proteggiamo dal freddo e dalla pioggia. E potrei continuare con molti altri esempi.

 
 
 

Figure 4

 

La chimica del futuro e la nanotecnologia

Nei prossimi anni la chimica ci porterà certamente farmaci più efficaci, materiali più leggeri e più resistenti, metodi di analisi più sensibili. Ma ci porterà anche molte sorprese. Le aspettative maggiori riguardano il campo della nanotecnologia, che significa tecnologia a livello dei nanometri (miliardesimi di metro), cioè a livello molecolare. Vediamo brevemente di cosa si tratta con l'aiuto della Figura 5.

 

Figura 5

 
 
 

In molti campi della tecnologia la miniaturizzazione dei componenti delle apparecchiature è diventata una necessità sempre più stringente. Questo vale in particolar modo per le memorie dei calcolatori elettronici, al fine di avere apparecchi sempre più piccoli e allo stesso tempo sempre più potenti. Di grande interesse sono le strutture aventi le dimensioni da 1 a 100 nanometri. Per la produzione di componenti miniaturizzati, finora si è seguito l'approccio "dall'alto" (top down) lavorando i materiali macroscopici con tecniche speciali quali la litografia. Ma ormai si è giunti ai limiti delle capacità tecniche di questo approccio. Può essere conveniente, allora, specialmente per ottenere strutture ancora più piccole, l'approccio "dal basso" (bottom up), mediante un assemblaggio molecola per molecola. Si tratta di una vera e propria ingegneria a livello molecolare.

L'ambizioso progetto dei chimici è costruire congegni, dispositivi, e macchine a livello molecolare, capaci di svolgere funzioni utili. Per capire cosa significa congegno o macchina a livello molecolare e la logica che i chimici intendono seguire per costruire questi dispositivi, può essere utile un paragone molto semplice. Per costruire un'apparecchiatura del mondo macroscopico (per esempio, un asciugacapelli), l'ingegnere costruisce dei componenti (un interruttore, un ventilatore, una resistenza) ciascuno dei quali è in grado svolgere un'azione specifica. Poi i componenti vengono assemblati in modo opportuno e si ottiene un'apparecchiatura che, alimentata da energia elettrica, compie una funzione utile. Il chimico del futuro procederà allo stesso modo, ma non a livello macroscopico, bensì a livello molecolare. Prima di tutto si tratta di costruire molecole capaci di compiere atti specifici (ad esempio, assorbire un fotone, trasferire un elettrone), poi di assemblarle in strutture supramolecolari organizzate in modo che l'insieme coordinato delle azioni dei componenti possa dar luogo ad una funzione utile. Questi dispositivi a livello molecolare operano facendo muovere elettroni, atomi, o intere molecole. Nel nostro laboratorio abbiamo già costruito componenti di queste macchine molecolari, come fili molecolari capaci di condurre elettroni o energia elettronica, e interruttori molecolari capaci di permettere o proibire il passaggio di questi flussi.

Come succede per i dispositivi e le macchine del mondo macroscopico, anche per far funzionare i dispositivi e le macchine molecolari bisogna fornire energia e disporre di segnali che mettano in comunicazione la macchina con l'operatore. Questo duplice problema per le macchine molecolari si può risolvere con la luce. La luce, come è ben noto, è fatta di fotoni e il fotone nella sua interazione con la materia può operare come "quanto di energia" o come "elemento di informazione". Questo avviene normalmente in natura, dove la luce solare viene utilizzata nel processo di fotosintesi per ottenere i prodotti dell'agricoltura (cioè energia), e nei processi collegati alla visione per ottenere informazioni sul mondo che ci circonda (Figura 6). Quindi, anche in sistemi artificiali l'interazione fra luce e materia può essere utilizzata per ottenere energia o per elaborare informazioni. Gli studi a questo riguardo sono in fase molto avanzata.

 
 
 

Figura 6

 

Macchine molecolari

Mentre già si fantastica su tutta una serie di macchine molecolari che in un futuro non lontano dovrebbero riparare cellule malate, decomporre sostanze nocive, elaborare informazioni, ecc., cominciano ad apparire i primi prototipi di macchine molecolari elementari. Senza fermarmi sull'aspetto più scientifico, un po' troppo specialistico, vorrei mostrare alcuni semplici esempi. Sono già state costruite molecole, come quella rappresentata nella Figura 7, che per azione di un fotone si chiudono come una pinza e quindi possono afferrare atomi o piccole molecole. Altre semplici macchine molecolari sono costituite da sistemi chiamati rotassani e catenani. Alcuni esempi sono mostrati nella Figura 8. Nel primo sistema, mediante l'azione di un fotone o di un elettrone si possono sfilare e ri-infilare i due componenti molecolari, quello fatto ad anello e quello fatto a filo. Nel secondo sistema (catenano), sempre mediante l'azione di un fotone o di un elettrone si può fare girare uno dei due anelli rispetto all'altro. Il terzo sistema è costituito da una molecola ad anello, infilata in una molecola filiforme che contiene due siti diversi: con l'impulso di un fotone o di un elettrone si può spostare l'anello da un sito all'altro. E' un sistema chiaramente simile ad un pallottoliere. La cosa straordinaria è che si tratta di un pallottoliere lungo qualche miliardesimo di metro e che si può azionare mediante la luce!

 

Figura 7

 
 
 
 
 

Figura 8

 

Ma c'è di più. Poichè questi movimenti corrispondono ad una logica binaria, alcuni di tali sistemi sono in grado di compiere operazioni logiche, sono in grado cioè di avere un segnale di uscita (che può essere, ad esempio, un segnale di fluorescenza) modulato da segnali di ingresso (che possono essere fotoni, elettroni, acidi, basi). Recentemente abbiamo dimostrato che il rotassano mostrato nella Figura 9 può compiere un'operazione logica complessa come quella designata, in gergo, dalla sigla XOR. Per ovvie ragioni non posso descrivere in dettaglio come funziona questo dispositivo molecolare. Voglio solo far notare che alcuni scienziati vedono in queste ricerche i primi passi lungo una strada che potrebbe condurre alla costruzione di una nuova generazione di computer che, basandosi su elementi di memoria delle dimensioni del nanometro, potrebbero offrire prestazioni molto superiori a quelle dei calcolatori oggi in uso.

 

Figura 9

 
 
 

Conclusioni

Prima di concludere, vorrei tornare brevemente su alcuni problemi di carattere generale.

Voglio sottolineare anzitutto che è urgente riunificare cultura umanistica e cultura scientifica, riconciliare la gente con la scienza, e in particolare con la chimica. Senza una conoscenza scientifica di base, la società tecnologica in cui viviamo non può funzionare in modo democratico.

Un secondo punto. Oggi c'è una certa tendenza a privilegiare la ricerca applicata nei confronti della ricerca di base. Ma la storia della scienza ci insegna che è la ricerca scientifica di base quella che più contribuisce al progresso dell'umanità. Si potrebbero fare tanti esempi. Mi limito a citare un aneddoto in cui si racconta che, nel secolo scorso, quando il Primo Ministro inglese Gladstone andò a visitare il laboratorio del famoso scienziato Faraday, chiese se quella sostanza esoterica, chiamata elettricità, su cui Faraday faceva esperimenti avrebbe mai avuto un qualche uso pratico. La risposta di Faraday fu lapidaria: "Questa sostanza che Lei chiama esoterica, signor Ministro, un giorno sarà tassata".

Un terzo punto. Nei paesi sviluppati finora si è privilegiata la cosiddetta "grande scienza", cioè i megaprogetti di fisica nucleare e di esplorazione dello spazio. Si sono invece trascurate le ricerche in quei campi, come la chimica, dove si opera nell'ambito di progetti basati sulla creatività dei ricercatori e caratterizzati da benefiche ricadute riguardo i bisogni dell'umanità. Ci sono state spesso ragioni militari alla base delle scelte fatte in passato. Ora, però, anche alla luce della ristrettezza dei fondi, è urgente rivedere la politica della distribuzione delle risorse per la ricerca scientifica.

Le persone meno familiari con la scienza possono porsi, giustamente, una domanda: fino a quando continuerà il progresso scientifico? Si racconta che in America nel 1865, al tempi di Abramo Lincoln, il capo dell'ufficio brevetti scrisse al Governo una nota informativa nella quale sosteneva che, vista la grande velocità con cui avvenivano le scoperte in quel periodo, l'ufficio avrebbe chiuso in pochi anni perchè tutto quello che era necessario scoprire, in pochi anni, appunto, sarebbe stato scoperto.

Oggi, invece, è diffusa l'opinione che ogni scoperta scientifica genera più domande di quelle a cui dà risposta. Concetto che era già stato espresso molto bene, nel lontano 1791, da Joseph Priestley, il primo scienziato che ha indagato sulla fotosintesi: "Più grande è il cerchio di luce, più grande è il margine dell'oscurità entro cui il cerchio è confinato. Ma ciononostante, più luce facciamo, più grati dobbiamo essere, perchè ciò significa che abbiamo un maggior orizzonte da contemplare. Col tempo i confini della luce si estenderanno ancor più; e dato che la Natura divina è infinita, possiamo attenderci un progresso senza fine nelle nostre indagini su di essa: una prospettiva sublime e insieme gloriosa".

Bello, non è vero? Attenzione, però. Questo non significa che chi fa ricerca scientifica se ne può stare isolato in una sua più o meno alta torre d'avorio, a contemplare la bellezza della sue ricerche. Gli scienziati, più ancora degli altri cittadini, devono essere ben consapevoli che la scienza si muove più rapidamente della nostra capacità di capire le sue implicazioni, lasciando nella sua scia un labirinto di problemi etici e morali. Leonardo da Vinci, in una lettera al Duca di Milano, commentando la sua idea di costruire un sommergibile, scrisse: "Io non descrivo il mio metodo di rimanere sott'acqua per lungo tempo, perchè gli uomini con la loro natura malvagia lo userebbero per distruggere la chiglia delle navi e affondarle col loro equipaggio". Sfortunatamente molti scienziati non si pongono problemi di questo genere e usano la loro creatività per inventare armamenti sempre più micidiali. Qualche settimana fa i giornali ci hanno fatto sapere che l'ultimo di questi armamenti è un laser chimico, il "Mid Infra Red Advanced Chemical Laser", che con molto cattivo gusto viene indicato mediante l'acronimo MIRACL. Sappiamo tutti che l'impresa scientifica è di per sè ambigua. Il laser può essere usato per operazioni chirurgiche o, appunto, per costruire armi micidiali. Con un computer si può controllare la sala di rianimazione di un ospedale o le batterie di missili di un incrociatore. E se è vero che non si può rimproverare agli scienziati di aver inventato il computer, è anche vero che li si può rimproverare se ora non si battono perchè ci siano più ospedali e meno incrociatori.

Forse, è giunta l'ora in cui l'uomo, dopo aver dimostrato con la scienza di saper fare tutto o quasi tutto, deve dimostrare anche di saper riflettere e, se necessario, di sapersi fermare. Mentre è difficile, e forse anche illogico, porre dei limiti alla ricerca scientifica, il cui compito è scoprire tutte le verità, appare non solo logico, ma necessario impedire la realizzazione di tecnologie contrarie all'interesse dell'uomo.

La scienza e la tecnologia devono essere condivise da tutto il genere umano, come l'aria e come l'acqua, e devono essere usate per il progresso dell'umanità e non per la sua rovina, per il bene di tutti e non per il privilegio di pochi, per conservare le risorse naturali e non per distruggerle, per la pace e non per la guerra. Ci vuole un grande senso di responsabilità, è necessario raggiungere presto un grado di maturità morale e politica molto più elevato di quello attuale.

Vorrei fare un'ultima riflessione. Qualcuno potrebbe chiedermi: cosa prova il chimico che sintetizza una nuova molecola, o che inventa una nuova macchina molecolare? Più in generale, cosa prova uno scienziato nel suo lavoro di ricerca? Nella scienza, come in ogni attività "creativa", si possono assumere due atteggiamenti limite: l'orgoglio di aver aggiunto al mondo qualcosa che non c'era o di aver scoperto qualcosa che non si sapeva, oppure l'umiltà di chi, consapevole della propria piccolezza, ringrazia Dio di averlo fatto suo mezzo per rivelare sempre più la bellezza del creato. Newton di fronte alle sue memorabili scoperte diceva: "A me sembra di essere come un bambino che gioca sulla riva del mare, divertendosi a raccogliere ora una pietra più levigata, ora una conchiglia più brillante delle solite, mentre l'oceano sconfinato della verità si estende inesplorato dinnanzi a me". Anch'io, nel mio lavoro, provo questa sensazione. E condivido anche i sentimenti del genetista americano Francis Collins che recentemente ha detto: "Quando capiamo qualcosa di più sul genoma umano, io provo un sentimento di profondo rispetto pensando che l'umanità ora conosce qualcosa che prima solo Dio conosceva"..