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Enrico Berlinguer (Sassari 1922- Padova nel 1984) |
Uomo
politico italiano, segretario del Partito comunista (PCI). Discepolo di Palmiro
Togliatti, si iscrisse al Partito comunista nel 1943; negli
anni Cinquanta fu segretario della Federazione giovanile comunista, e nel
1968 venne eletto come deputato al Parlamento. L'anno successivo, durante il XII congresso del partito, divenne vicesegretario del PCI, mentre la carica di segretario era ricoperta da Luigi Longo. Successe
a Longo alla dirigenza del partito nel 1972; la sua politica, negli anni
del governo democristiano di Aldo Moro, venne definita "Compromesso
storico" e si basò sul perseguimento di obiettivi comuni con la
Democrazia Cristiana e il Partito socialista, per far fronte alla grave
crisi economica e scongiurare un eventuale regresso verso l'autoritarismo,
in risposta al dilagare delle agitazioni operaie. A
tale impostazione sul piano della politica interna corrispose
un'evoluzione nella politica estera del partito: infatti Berlinguer favorì
e guidò un progressivo allontanamento del PCI dalla linea politica
dell'Unione Sovietica, presa di distanza che assunse i connotati di vera e
propria elaborazione teorica nell'affermazione di un'autonomia alla quale
i commentatori internazionali diedero il nome di
"eurocomunismo". Nel
gennaio del 1982 una sua dichiarazione definì esaurita la "spinta
propulsiva" della Rivoluzione d'ottobre, ponendo le premesse del
rinnovamento che contraddistinse l'attività del PCI negli anni
immediatamente precedenti alla crisi del comunismo. Berlinguer
morì improvvisamente durante un comizio nel corso di una campagna
elettorale.
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Le
ultime parole sul palco di Padova, l'agonia, il bacio commosso dell' amico
Sandro Pertini
"Compagni, proseguite il lavoro"PADOVA
- "Compagni, proseguite il vostro lavoro... casa per casa... strada
per strada...". Enrico Berlinguer pronuncia le sue ultime parole con
la voce fioca, spezzata, un fazzoletto bianco premuto sulla bocca. Il
segretario del Pci, colpito da un ictus, crolla, pallido come un cencio,
sul palco di Piazza della Frutta, dove sta tenendo un comizio per la
campagna elettorale delle elezioni europee. Berlinguer comincia a morire
alle dieci e mezza di una sera fredda, di vento, sotto qualche goccia di
pioggia, mentre un maxi schermo trasmette il suo dramma ai cinquemila
della piazza. Era giovedì 7 giugno 1984. Il suo cuore cessa di battere
quattro giorni dopo all' ospedale Giustinianeo. Berlinguer torna a Roma
sull' aereo di Sandro Pertini: "Lo porto via come un amico fraterno,
come un figlio, come un compagno di lotta" dice con gli occhi lucidi
il Presidente della Repubblica. Berlinguer non sta bene già quando sale
sul palco. Accende una super senza filtro mentre parla Gianni Pellicani e
aspetta il suo turno, ma la spegne quasi subito. Avverte un senso di
nausea e gli gira la testa. "Hai mangiato pesante ieri in
Liguria" lo tranquillizza il fido Tatò. Berlinguer toglie l'
impermeabile, ha una giacca a quadretti. Si slaccia il primo bottone della
camicia, per respirare meglio. Inforca gli occhiali e comincia a parlare,
la mano sinistra alzata. La polemica col governo è dura. Il leader
comunista attacca i "meschini calcoli di parte", la
"ragioneria partitica". Ma lo prende il primo affanno. Si ferma,
ricomincia : "La verità è che...". Non ce la fa più. "I
partiti se ne infischiano...". Berlinguer lotta contro l' ictus.
"Enrico, Enrico" gridano dalla piazza. "A questo stato di
cose diciamo basta...". La voce gli esce stonata, fatica a leggere
gli appunti. Lo prende un attacco di vomito, chiede un bicchiere d' acqua.
Impallidisce, si porta il fazzoletto alla bocca. Adesso tutti capiscono.
"Non vedete che sta male" urlano. Ma lui vuole andare avanti.
Berlinguer sente che le forze gli mancano, la vista gli si appanna. Salta
le ultime otto cartelle del discorso. "Proseguite il vostro lavoro,
andate casa per casa, strada per strada..." riesce a mormorare e si
accascia. I compagni lo sorreggono, lo fanno scendere dal palco.
Berlinguer è uno straccio. Vomita. Lo portano all' albergo, poi di corsa
all' ospedale. Sono le undici della sera. Berlinguer è in coma. Nella
notte lo operano, ma non c' è niente da fare. La mattina dopo arriva
Pertini, che si china sul suo letto di morte e lo bacia sulla fronte
fasciata. "E' un uomo giusto" piange il vecchio presidente. Per
quattro giorni migliaia di persone vegliano in silenzio nel vecchio
cortile del Giustinianeo. Ma Berlinguer non riprenderà più conoscenza.
Lunedì 11 giugno il sovrintendente sanitario Francesco Valerio comunica :
"L' onorevole Enrico Berlinguer è mancato alle 12.45".
"Compagni, la dura notizia è giunta" annuncia Achille Occhetto
alla folla radunata davanti a Botteghe Oscure. Il corteo con la bara di
Enrico Berlinguer sfila da Padova a Venezia tra due ali di folla lunghe
trenta chilometri. Pertini lo porta via con sé.
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Longo, Luigi (Fubine Monferrato, Alessandria 1900 - Roma 1980) |
Dapprima
socialista, nel 1921 aderì al Partito comunista d'Italia (dal 1943
Partito comunista italiano) e fu uno dei più attivi dirigenti della
Federazione giovanile comunista. Durante la guerra civile in Spagna
(1936-1939), organizzò le Brigate internazionali, di cui divenne
ispettore generale. Esule in Francia, nel 1939 fu arrestato a Parigi dalla
polizia francese e rinchiuso in un campo di concentramento per stranieri
sospetti. Consegnato a Mussolini nel 1943 e confinato a Ventotene, fu
liberato dopo il 25 luglio e partecipò alla Resistenza come comandante
generale delle Brigate partigiane Garibaldi. Vicecomandante del Corpo
volontari della libertà (CVL), fu deputato all'Assemblea costituente nel
1946. Nella direzione del Partito comunista italiano dal 1943, tra il 1964
e il 1972 ne fu segretario, succedendo a Palmiro Togliatti, e lo guidò
verso l'autonomia dall'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
(URSS). Dal 1972, con l'elezione alla segreteria del partito di Enrico
Berlinguer, fu nominato presidente onorario.
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Partito della Rifondazione Comunista Circolo "Nunzio Cennamo" Via Provinciale Crispano (NA) |